Tra i vini dolci italiani è certamente il più celebre. Il Passito di Pantelleria è una DOC ricca, intensa e profonda, prodotta solo in Sicilia da una base di uve Moscato di Alessandria (o Zibibbo). Due curiosità: forse non tutti sanno che 1) si tratta di un vino eroico e 2) che la pratica di coltivazione dell’alberello pantesco è tutelata dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Scopriamo di più su questo affascinante nettare isolano, a cominciare dagli aromi, passando per gli abbinamenti più adatti, fino alle cantine migliori.
Profilo gusto-olfattivo
Un tipico Passito di Pantelleria ha colori caldi, come l’oro zecchino, che virano verso riflessi delle tonalità dell’ambra, nel caso di vini più maturi e affinati in legno. Al naso, questo vino colpisce per intensità e ricchezza. Il profilo aromatico ha note fruttate e mielate dense e consistenti, che trovano un elegante equilibrio con il caratteristico tocco agrumato. Particolarmente interessante la nota speziata, che se da un lato rende il vino profondo, dall’altro aggiunge uno stuzzicante senso di lieve piccantezza. Al palato è cremoso, imperlato dalla fine dolcezza della confettura e del miele, e rinfrescato dalla nota agrumata.
Abbinamenti gastronomici
Il Passito di Pantelleria trova l’abbinamento ideale con l’opulenta pasticceria siciliana: dalla cassata ai cannoli, dal marzapane alla pasta di mandorle. Ottimo, in generale, per accompagnare tutti i grandi classici della pasticceria italiana come la pastiera napoletana, il torrone, gli amaretti, il babà al rum, oppure la crostata di ciliege. Interessante, inoltre, l’incontro con i dolci tipici delle culture medio-orientali come la baklavia (pasta fillo aromatizzata con limone e spezie), il ma’amoul (pasta frolla farcita di datteri), la muhallabia (latte, farina di riso, acqua di rose e frutta secca) o il pasha (ricotta, uvetta e spezie).
Adatto a chi ama osare o “meditare”
Per gli amanti degli accostamenti meno classici, ma assolutamente appaganti, da provare con i formaggi erborinati o piccanti, o con il foie gras. Se molto invecchiato, può essere bevuto da solo. Infatti, è considerato un grande vino da “meditazione” ossia da sorseggiare lentamente in un contesto intimo e rilassante. Per essere apprezzato al meglio, va gustato freddo, alla temperatura di 10-12°C.
Le cantine
Tra le cantine che producono il Passito di Pantelleria ti vogliamo segnalare:
- Bukkuram di Marco De Bartoli è tra le 14 migliori cantine siciliane 2023 secondo Slow Wine (qui trovi l’elenco completo). C’è la possibilità di visitare la cantina e fare degustazioni guidate in alcuni mesi dell’anno su prenotazione.
- Donnafugata è sicuramente una delle cantine più celebri che ha da poco inaugurato un percorso enoturistico Il Cammino di Khamma alla scoperta delle flora autoctona dell’isola i cui sentori si ritrovano così spesso nei bouquet dei vini. In questo articolo abbiamo approfondito il Passito di Pantelleria Ben Ryé. Si tratta di un’esperienza che si affianca a quella delle visite e degustazioni in cantina che si possono effettuare da giugno a settembre, e alla visita del Giardino Pantesco donato al FAI – Fondo Ambiente Italiano.
- Da sei generazioni la famiglia Murana si dedica alla coltivazione e alla vinificazione dello zibibbo a Pantelleria.
- Ferrandes è una piccola realtà agricola a conduzione famigliare e con coltivazione biologica dei terreni terrazzati sull’isola di Pantelleria dove la famiglia, di origine spagnola, è presente da oltre seicento anni.
- Durante il periodo estivo la cantina Solidea è aperta agli enoturisti per degustare i vini accompagnati da prodotti tipici panteschi, scegliendo tra diverse proposte di abbinamento, da gustare con tranquillità sulla terrazza vista mare.
- Cantina Basile invece ha prodotto il miglior vino eroico al mondo del 2022 secondo il Mondial des Vins Extrêmes.
Pillole di enoturismo a Pantelleria
Quando si parla di Passito di Pantelleria si parla di Sicilia sud-occidentale, vicino alla costa della Tunisia e al centro della sun belt. L’isola è particolarmente ventosa, così i primi arcaici viticoltori misero a riparo la vite, in conche scavate nella terra lavica. In nessun altro luogo al mondo si possono rinvenire altrettanti inconfondibili vigneti a terrazzamenti delimitati da muretti a secco che si estendono per oltre 7.000 chilometri! Altrettanto unici sono i “giardini arabi” (costruzioni circolari scoperchiate, per dare rifugio anche a una sola pianta di agrume) spesso incastonati negli stessi vigneti e diffusi in tutte le contrade. Lo spettacolo che regala questo tipo di viticoltura, tra l’altro talmente importante da essere tutelata dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità, è mozzafiato. Qui si lavora quasi esclusivamente con la zappa. Ma anche con l’aratro trainato dal caratteristico asino pantesco (anch’esso, come questa antichissima pratica agricola, minacciato di estinzione).