Slow Wine: spumanti dell’Etna, le bollicine del vulcano attivo più alto d’Europa

Di Salvo Ognibene – Slow Wine
Negli ultimi anni, l’Etna si è imposto come uno degli areali più dinamici del territorio vitivinicolo italiano: rossi, bianchi, rosa e da qualche anno anche gli spumanti hanno guadagnato uno spazio interessante nel panorama produttivo ed enologico nazionale.

Carricante: il trend in continua crescita che rivoluziona l’Etna (oltre il Nerello Mascalese)

Il trend del carricante, sia dal punto di vista qualitativo sia produttivo, è in crescita continua, con buona pace di chi vede solo nel nerello mascalese la possibilità di esprimere il carattere etneo. A questo si aggiunge il nuovo corso dei Metodo Classico prodotti da 30 aziende siciliane, con protagonista l’uva a bacca rossa tipica del vulcano (su tutta l’isola sono 80 le cantine che spumantizzano per un totale di circa 150 etichette immesse sul mercato, di cui circa la metà sono prodotte con il metodo della rifermentazione in bottiglia).

Il Carricante spumantizzato

Il Carricante spumantizzato – il primato spetta alla famiglia Benanti, che ha iniziato a produrlo nel 2002 –, che con il nuovo disciplinare dell’Etna Docg rientrerà sotto l’egida del Consorzio Tutela Vini Etna Doc, è prodotto in piccola parte, ma con qualche eccezione qualitativa davvero di altissimo livello. È una storia che sta scrivendo uno dei capitoli più sorprendenti di questa nuova epopea enologica e le bollicine dell’Etna prodotte con metodo classico (845.853 bottiglie Etna Doc su poco più di 5 milioni di bottiglie con la stessa denominazione nel 2024 e distribuite su circa 550 etichette) rappresentano una delle frontiere più affascinanti del vino italiano, unendo energia vulcanica e altitudine estrema. Già da qualche anno, come Slow Wine, abbiamo approfondito il tema della spumantistica siciliana grazie all’input del compianto Paolo Camozzi. Nell’edizione 2025 della guida, per esempio, il coordinatore siciliano Francesco Abate ha fatto il punto sugli spunti numerosi emersi dopo 15 anni di ri-fermentazioni siciliane.

Dai Metodo Classico ai Martinotti, fino ai metodi “ancestrali” con e senza fondo

Abbiamo selezionato diverse tipologie di vini, approfondendo il tema delle bollicine: dai Metodo Classico ai Martinotti, fino ai metodi “ancestrali” con e senza fondo. È evidente che il ricco patrimonio ampelografico siciliano offra terreno fertile per le “mille bolle”. Dagli chardonnay e pinot nero delle bottiglie più tradizionali si è passati alle varietà autoctone, con una prevalenza di catarratto, grillo, carricante, nerello mascalese, frappato, nero d’avola, zibibbo, moscato e addirittura perricone. Il numero di spumanti selezionati è il più alto di sempre, complice anche la vendemmia 2023, che ha spinto molti piccoli produttori a esplorare la tipologia. Abbiamo identificato due approcci: uno che punta sulla tecnica e i protocolli, più diffuso tra i vini da varietà alloctone e i Metodo Classico, e l’altro che, invece, lascia più spazio alla creatività, valorizzando al meglio le varietà autoctone come catarratto e grillo, senza seguire rigidamente gli standard produttivi tradizionali. I tempi di sosta sui lieviti si sono allungati, tanto che oggi i 48 mesi rappresentano solo un primo gradino, con alcuni spumanti che arrivano fino a 100 mesi. (leggi l’articolo completo  di Salvo Ognibene sul sito di Slow Wine: Spumanti dell’Etna, le bollicine del vulcano attivo più alto d’Europa – Slowine)