Abbiamo pensato a questo articolo come una sintesi di tutte le informazioni utili per capire come scegliere un buon vino: dalle classifiche delle guide a quanto bisogna spendere, dalla lettura dell’etichetta alla scelta del bicchiere giusto. Qui, trovi alcuni consigli pratici per fare la scelta giusta.
Affidarsi alle guide di settore
Sono davvero tante le classifiche, le guide e i siti con punteggi che ogni anno ci aiutano a bere bene. Partiamo dalle celebri Top 100 di Wine Enthusiast, per poi passare alle grandi etichette selezionate da Wine Spectator. Su Mundus Vini ci sono addirittura le famose schede sensoriali a cerchio con gli aromi percepiti in ciascun vino. Sul sito internazionale winesearcher.com si trovano descrizioni, punteggi e prezzi. Mentre, per quanto riguarda esclusivamente i vini italiani ci sono le famose guide in uscita ogni fine anno per quello successivo. Ecco le più note: Slow Wine di Slow Food, Guida Oro I Vini di Veronelli, Cantine d’Italia di GoWine dedicata in particolare agli enoturisti, l’annuario de I Migliori Vini Italiani di Luca Maroni.
Quanto bisogna spendere per un buon vino
Il costo di una bottiglia, generalmente, è un indice del grado di qualità. Ma, non è sempre così. Infatti, possiamo trovare vini davvero eccellenti ad un prezzo accessibile. Un buon range di riferimento è dai 7 ai 20 euro. Tanto che sul web sono sempre più apprezzate le classifiche del tipo “bere un buon vino a meno di…”. Ecco, per esempio che la guida Bere Bene del Gambero Rosso seleziona vini di qualità in tutta Italia che si possono acquistare sotto i 13 euro.
La mappa dei vini italiani
La mappa mostra le più diffuse varietà coltivate nella varie regioni italiane e le barrette di colore viola e giallo poste accanto al nome della regione indicano rispettivamente la quantità di vino rosso e di vino bianco prodotte. (Infografica by VinePair)
Come leggere l’etichetta al supermercato
Saper leggere l’etichetta è il primo passo per scegliere un buon vino al supermercato. In enoteca il percorso è diverso. Lasciamo da parte le informazioni non indicative della qualità, ma che devono essere presenti: come il volume nominale (per le bottiglie standard 750 ml), il grado alcolico, l’imbottigliatore, il lotto e l’indicazione di eventuali allergeni aggiunti come i solfiti. Ci concentriamo, invece, su quelle indicazioni che nel contesto della grande distribuzione fanno la differenza. Ossia, la piramide delle denominazioni: da vino da tavola a Docg. Molto esplicativa l’infografica di Federdoc che riportiamo in basso.
Etichetta dei vini a denominazione
1. Nome della denominazione. Indica l’esatto nome della Denominazione d’Origine così come indicato nel relativo disciplinare di produzione.
2. Menzioni specifiche tradizionali D.O.C. o D.O.C.G. (D.O.P.) Le espressioni Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) o Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.) significano che si tratta di un prodotto altamente qualificato, ottenuto nel rispetto di norme rigorose che ne garantiscono una qualità elevata. Queste indicazioni possono essere accompagnate o sostituite dalla sigla D.O.P. che definisce, a livello europeo, i Vini a Denominazione d’Origine.
3. Volume nominale del vin. Il volume nominale del vino deve essere indicato in litri, centilitri o millilitri.
4. Annata. A partire dalla vendemmia 2010 l’indicazione dell’annata è obbligatoria per tutti i vini D.O.C.G. e D.O.C., a esclusione delle tipologie spumante, frizzante e liquoroso.
5. Indicazione dell’imbottigliatore. Deve essere sempre indicata la ragione sociale dell’imbottigliatore. Nel caso di vini spumanti, al posto dell’imbottigliatore può essere indicato il nome del produttore o del venditore. La ragione sociale dell’imbottigliatore (o del produttore/venditore nei casi consentiti), deve essere accompagnata dal comune in cui sono collocati i locali e dallo Stato membro di appartenenza (Italia).
6. Indicazione della provenienza. Il termine “prodotto in” (o termini equivalenti come “vino di”, “prodotto di” etc) seguito dal nome dello Stato Membro, indica il territorio in cui le uve sono state vendemmiate e vinificate.
7. Indicazione del lotto. Numerazione che indica un insieme di bottiglie appartenenti alla medesima partita, prodotte in circostanze praticamente identiche. È preceduto normalmente dalla lettera “L”.
8. Contiene solfiti. Indica che il prodotto è stato trattato con allergeni quali anidride solforosa.
Tale dicitura è obbligatoria quando il contenuto dei solfiti è superiore a 10 mg/litro.
9. Titolo alcolometrico effettivo. La gradazione deve essere espressa con unità o mezze unità di percentuale in volume (es. 10% vol,10,5% vol) e può essere preceduta dall’espressione “titolo alcolometrico effettivo’’ o “alcole effettivo’’ o dall’abbreviazione “alc’’.
10. Etichettatura ambientale. Dal 1° gennaio 2023, in conformità alle determinazioni nazionali ed alle disposizioni adottate dall’Unione Europea, è in vigore l’obbligo di fornire in etichetta informazioni relative al corretto smaltimento degli imballaggi per facilitare la loro raccolta, il loro riutilizzo, recupero, e riciclaggio. Tali indicazioni devono riguardare la bottiglia, il tappo, la capsula e, per i vini spumanti anche la gabbietta. Infine, tutte le informazioni obbligatorie devono comparire o sul fronte o sul retro (l’importante è che compaiano nello stesso campo visivo), fatta eccezione per l’annata, il numero di lotto e l’informazione relativa ai solfiti che possono comparire anche sull’altro lato. (Fonte Federdoc)
Attenzione!
Molto spesso si pensa che la denominazione sia sinonimo di qualità. In genere le due caratteristiche vanno di pari passo, ma spesso in enoteca si possono trovare vini senza indicazione di origine che sono delle vere perle enologiche. Molti vignaioli, infatti, che amano sperimentare preferiscono non attenersi alle regole imposte dai disciplinari di produzione per ottenere i marchi IGT, DOC e DOCG.
Informazioni facoltative sull’etichetta: davvero utili
Esistono tuttavia altre indicazioni facoltative che sarebbero di grande utilità per il consumatore, come: il nome del produttore, il metodo di produzione (per esempio l’invecchiamento), la varietà d’uva utilizzata, gli abbinamenti consigliati.
Come abbinare cibo e vino
In questo schema (infografica) vengono dati dei suggerimenti di massima che possono esserti di grande aiuto soprattutto per la scelta del giusto vino da abbinare a ciò che vuoi cucinare. (www.chiantilife.wordpress.com)
I vini invecchiati
Durante l’invecchiamento dei vini si hanno reazioni di evoluzione del colore, del sapore e degli aromi che portano a un miglioramento delle caratteristiche organolettiche. Durante questa fase, infatti, il vino si stabilizza, si armonizza nel gusto (si ammorbidisce, l’astringenza in parte si attenua) e nell’aroma (se vengono utilizzate botti e sono nuove, il vino può acquistare sentori di vaniglia, tostato, chiodi di garofano, noce di cocco derivanti dal legno). In genere, quindi, un invecchiamento porta ad aromi più complessi e a una maggior struttura, ma, come accade per il grado alcolico, non è l’unico elemento capace di rendere grande un vino.
La gradazione alcolica dei vini
Non è detto che un vino con un alto grado alcolico sia più buono. Le componenti del vino che donano corpo, cioè struttura al vino, sono l’alcol e l’estratto (quest’ultimo formato da acidi, zuccheri, polifenoli, sali minerali, glicerina, glucidi e altri componenti ancora). Quindi, più queste sostanze aumentano più è elevata la percezione di spessore e corpo. Ma da sola questa caratteristica non è sufficiente per rendere un vino di qualità. Un vino può essere corposo, ma per esempio non equilibrato (il buon gusto di un vino risulta dall’equilibrio tra acidità, alcol e tannini), oppure presentare all’olfatto profumi sgradevoli o poco intensi, o può essere poco persistente dopo essere stato deglutito (presentando quindi caratteristiche che vanno a deprimere il piacere nell’assaggio di un vino).
Vini di uguale annata e denominazione non sono uguali
Questo accade perché i disciplinari di produzione non sono così rigidi. Per esempio, per produrre il Rosso di Montepulciano, la legge stabilisce che debba essere utilizzato Sangiovese per almeno il 70 %, a cui è possibile aggiungere fino a un massimo del 30 % uve idonee alla coltivazione nella regione Toscana, purché la percentuale dei vitigni a bacca bianca non superi il 5%. Ogni produttore, quindi, ha già in questa prima fase tali margini per poter caratterizzare il proprio prodotto. Non è previsto poi, sempre per il Rosso di Montepulciano, un periodo di invecchiamento obbligatorio, così come un periodo minimo di affinamento in bottiglia. In più è da considerare anche l’attenzione che ogni azienda riserva nel mantenere standard qualitativi elevati in ogni passaggio. Ne consegue, quindi, che i vini possono avere caratteristiche anche molto differenti tra loro, pur avendo la stessa denominazione. Consulta Il test vini di Altroconsumo.
Come servire il vino alla giusta temperatura in 2 step (a cura di insidewine.it)
Ciascuna tipologia di vino deve essere bevuta alla temperatura giusta. La temperatura, infatti, condiziona la nostra esperienza di degustazione sia in senso positivo, che negativo (se è sbagliata). Solo per fare un esempio estremo e per questo molto intuitivo, si può pensare alla differenza di sapore tra una Coca Cola calda e una molto fresca. E questo discorso vale per ogni bevanda o alimento. Quindi, la temperatura tende ad esaltare determinate caratteristiche del vino e ad attenuarne altre. Poi vedremo nello specifico quali.
Tabella temperatura vini
Bastano due semplici step: 1) consultare una tabella delle temperature di servizio (come quella riportata qui sotto) e 2) comprare un termometro da vino, ne esistono di vari modelli e prezzi a partire da circa 5 euro. E il gioco è fatto!
Diverse temperature per bianchi e rossi – ecco il perché
Le basse temperature, dai 6 gradi ai 10, in genere sono indicate per i vini bianchi, ed in particolare per gli spumanti perché esaltano la sapidità e l’acidità (freschezza). Mentre le “alte” temperature sono più indicate per i vini rossi perché accentuano la percezione dei profumi, la morbidezza, la dolcezza e la sensazione pseudocalorica (ossia quella sensazione di calore provocata dall’alcol). Maggiore sarà la struttura e l’affinamento del vino rosso, maggiore dovrà essere la temperatura di servizio. Un vino rosso consumato a basse temperature comporta un aumento della sensazione astringente e la completa perdita della consistenza e della “rotondità”. Se, invece, si commette l’errore opposto ed il vino rosso è servito ad una temperatura al di sopra dei 20 °C, l’odore praticamente percettibile sarà quello dell’alcool!
Consiglio del sommelier per fare bella figura
Ricordatevi di impugnare il calice dallo stelo e non dalla coppa. Così facendo eviterete di scaldare il vino e quindi di alterare i suoi profumi.