L’Oltrepò Pavese è situato sul cosiddetto “parallelo del vino” (il 45° nord). Si tratta della fascia del globo terrestre più vocata alla viticoltura e comprende regioni come il Piemonte, Bordeaux e l’Oregon. Questo territorio si trova a poca distanza dalla città di Milano ed è caratterizzato da antichi castelli, mistiche pievi (chiese rurali) e ville ottocentesche.
L’Oltrepò è la terza area di produzione di vini a denominazione in Italia (dopo il Chianti e l’Astigiano). I vitigni più coltivati sono rispettivamente Croatina, Barbera, Pinot Nero, Riesling e Moscato. Proprio con la Croatina si produce un vino di grande tradizione: la Bonarda. La leggendaria spuma porpora è prodotta senza anidride carbonica aggiunta. Sfuma nel bicchiere in pochi secondi e regala una piacevolissima beva.
Profumi e sapori della Bonarda
Nel bicchiere è di un rosso rubino carico con riflessi porpora; al naso è intensa, con profumi che ricordano la ciliegia, la macedonia di fragole e il melograno maturo; al palato è amabile con un retrogusto persistente e equilibrato tra sapidità e struttura. Si abbina perfettamente ai sapori locali, come la pregiata norcineria, ma la caratteristica vivacità la rende adatta anche a piatti etnici a base di carni succulente.
Abbinamento gastronomico
L’accoppiata classica è con la frittura di interiora; la versione locale della cassoela detta ragò; il risotto con la pasta di salame; il lardo e la chisoela (focaccia di pasta di pane impastata con i ciccioli). Il vero trionfo in tavola della Bonarda è con i taglieri di salumi. Si parte dai piccoli cacciatori, pronti dopo pochi giorni, passando per filzette, cresponi di media dimensione, salami cuciti e, per terminare, i tradizionalissimi Gentile e Calzetta, pronti per l’anno successivo.
Un po’ di storia
La viticoltura sui colli dell’Oltrepò Pavese, che raggiungono i 1700 metri di altezza, risale al periodo degli Etruschi (VI a.C.), ma nel Museo archeologico di Casteggio è conservato un tralcio di vite fossile di epoca preistorica. Nel secolo VIII, il Monastero di Bobbio ebbe un ruolo chiave, quando la Regina Teodolinda concesse ai monaci irlandesi dell’abbazia di San Colombano alcuni terreni da coltivare.
I monaci, che si erano fermati 20 anni in Borgogna, ripristinarono la coltivazione della vite nelle terre oltrepadane devastate dalle scorribande barbariche. Nell’800 parte la produzione e la commercializzazione del settore vinicolo, colpito poi come il resto d’Italia e d’Europa, dall’attacco della fillossera a inizio ‘900. Nel 1884 la zona vantava ben 225 vitigni autoctoni, oggi ridotti a circa una dozzina, tra cui la Moradella e l’Uva di Mornico.
Un nuovo progetto fa rivivere la Bonarda
Per ridare linfa alla grande tradizione della Bonarda un gruppo di 19 viticoltori ha deciso di proporre un’alternativa di pregio alla Bonarda dell’Oltrepò Pavese che spesso è stata protagonista di una svalutazione: complici le dinamiche di mercato che hanno puntato su prezzi bassi, a discapito della qualità.
Ben consapevole di questo non facile punto di partenza, il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese www.distrettovinooltrepo.com ha avviato un piano di rilancio del territorio e dei suoi prodotti di riferimento, che vuole ridare alla Bonarda, insieme al Pinot Nero, la sua identità. Il concetto di “Bonarda perfetta”, forse un po’ ambizioso, ha il sapore di una grande e coinvolgente sfida per restituire a questo “pezzo di Oltrepò” un posto centrale.
Nuove regole di produzione e alti standard qualitativi
Le aziende che partecipano al progetto Bonarda dei Produttori sono tutte a carattere agricolo e dunque impegnate lungo l’intero percorso di filiera, dalla vigna alla bottiglia. Insieme hanno sottoscritto un regolamento di produzione che adotta parametri più restrittivi rispetto a quelli di base stabiliti dal Disciplinare attualmente in vigore per la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc. L’obiettivo è quello di assicurare standard qualitativi elevati. La Bonarda dei produttori è rigorosamente vinificata e imbottigliata nella zona di produzione. La Croatina occupa come minimo l’85% dell’uvaggio, ma per la maggior parte è vinificata in purezza. Per la Bonarda dei produttori è stata realizzata l’apposita bottiglia Marasca, così chiamata perché ricorda questo tipo di ciliegia nella forma e uno dei profumi fruttati tipici di questo vino.