Il 2024? È l’anno del Barolo secondo Gambero Rosso

La guida Vini d’Italia ha emesso il proprio verdetto: il premio speciale “Rosso dell’Anno” va al Barolo di una secolare cantina i cui vigneti sono posizionati sulle zone (dicesi “cru”) più rinomate della denominazione.

La Guida è una delle fonti più autorevoli e rispettate dedicate al mondo dei vini italiani ed è pubblicata dall’editore Gambero Rosso, ben nota autorità nel settore enogastronomico in Italia. Essa fornisce recensioni e valutazioni e, come nel caso della selezione tra i migliori vini rossi italiani appena citata, conferisce premi e riconoscimenti alle produzioni più meritevoli.

Il riconoscimento riguarda anche i vini bianchi, per i quali ha vinto uno Chardonnay del Collio Friulano, e poi elenca le sottocategorie regione per regione. Dalla Guida emerge un momento particolarmente creativo per il settore vinicolo nostrano, al quale va riconosciuta la straordinaria resilienza dimostrata dinanzi alle difficoltà economiche e climatiche passate.

Il Barolo che non tutti conoscono

Il DOCG Piemontese è noto a tutti per essere un vino VIP, di quelli di cui anche chi non è esperto ha sentito parlare. Il Barolo, dopotutto, è un vino di fama internazionale. Quest’anno rinnova la sua popolarità grazie al particolare apprezzamento della giuria del Gambero Rosso per una vigna di Serralunga d’Alba che opera dal 1947. La sua peculiarità? Aver offerto sensazioni di autenticità e purezza tali da aver meritato 5 stelle immediate.

Ciò che, forse, è meno noto del Barolo è che si tratta di un vino storico, nel vero senso della parola. Esso ottenne il primo riconoscimento internazionale nel 1878, durante l’Esposizione Universale di Parigi ed è stato anche il simbolo del Risorgimento Italiano e dell’Unità d’Italia.

A dare il via alla sua storia di prestigio furono proprio i suoi primi produttori, Carlo Tancredi Falletti di Barolo e Juliette Colbert (poi Marchesa di Barolo); essi si attivarono per promuoverlo presso le principali corti europee, tra cui anche quella dei Savoia, ovviamente. Il risultato fu che persino il re Carlo Alberto lo apprezzò talmente tanto da spingerlo ad acquistare l’intera tenuta di Verduno.

Perché proprio il Barolo?

Premiare un vino pluripremiato, per qualcuno, non avrà molto senso ed è possibile comprenderne le ragioni: sul mercato, dopotutto, sono arrivate tantissime altre bottiglie di grande valore ma che, magari non hanno la stessa fama del re Barolo.

Eppure il riconoscimento di vino dell’anno è più che meritato, se consideriamo che, stando al parere della giuria, il principale merito è stato quello di aver centrato un preciso obiettivo, ovvero quello dell’espressività territoriale.

Il Barolo, quindi, è stato premiato per la sua capacità di raccontare il territorio senza filtri e perché trasmette, in modo autentico e inequivocabile, le tipicità del suo terroir. Non solo questo però! La sua trama tannica, ben integrata e robusta, non annichilisce la sapidità ma anzi, esalta la componente salina nel procedere sui profili di gusto.

Una struttura del genere consente alla bottiglia di invecchiare grandiosamente almeno trent’anni: si tratta di un risultato che non tutti sono in grado di ottenere e che, proprio per questo, era giusto premiare.