Visitare la Catalogna
Le prime idee che vengono in mente parlando di Catalogna sono: Barcellona, i grandi artisti come Gaudì, i cantanti lirici di fama internazionale come José Carreras e Montserrat Caballé (che ci ha lasciato da qualche anno). La conosciamo per il grande cuoco Ferran Adrià che è il pioniere della cucina molecolare. Ma per quanto riguarda i vini tipici e la tradizione culinaria, c’è ancora molto da scoprire ed assaggiare… Leggi il nostro articolo per scoprire i luoghi più affascinanti della Catalogna, oltre la celebre Barcellona. Pensa a come sarebbe una visita in cantina! Sogna, guardando le immagini di eventi mozzafiato (ai quali puoi partecipare anche tu!). Ti verrà l’acquolina in bocca leggendo le nostre descrizioni dei piatti tipici e dei prodotti gastronomici tradizionali.
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Due esperti di vino e cucina ci parlano del meglio da provare in Catalogna
A guidarci alla scoperta enogastronomica della Catalogna sono due esperti del settore Marco Cum e Giovanna Peracchia
. Il primo è titolare dell’agenzia Riserva Grande e della sede romana della Scuola di Sommellerie Europea, mentre la seconda è una chef e docente di cucina che vive e opera a Barcellona. Quindi, siamo davvero in buone mani!
Quali sono i vini tipici della Catalogna che ti vengono in mente?
Il vino più rinomato della Catalogna è il Priorat. Per il fatto che è una delle due Denominación de Origen Calificada, che corrisponde alle nostre DOCG (che in Spagna sono solo due: Rioja e, appunto, Priorat). Per avere una visione d’insieme, ecco la mappa delle zone a DO e DOC in Catalogna. Sono, per l’esattezza, 12. In particolare, la coltivazione va dalle sponde del Mediterraneo fino ai Pirenei, a più di 1000 metri di altitudine. E per chi volesse approfondire c’è anche il libro Catalonia land of wine.
Cosa vedere, bere e mangiare in 6 aree vinicole in Catalogna
1) Pla de Bages, 2) Penedès, 3) Terra Alta, 4) Conca de Barberà, 6) Montsant e 4) Empordà. E se sei un amante della Spagna qui trovi i nostri articoli dedicati a Guida Tenerife: cosa mangiare, quali vini bere e attrazioni da non perdere
e 6 buoni motivi per visitare La Rioja.
1) Pla de Bages
Cosa vedere e cosa fare: la misteriosa montagna Monserrat e il Camino Ignaciano
Siamo proprio nel cuore della Catalogna (nel centro geografico). I catalani considerano sacra la zona del Pla de Bages perché è legata alle avventure di Sant’Ignazio di Loyola (fondatore dell’ordine dei Gesuiti). Tanto è vero che qui si snoda la parte finale del Camino Ignaciano. Questo pellegrinaggio copre 660 km da Loyola (Paesi Baschi) al capoluogo della comarca del Bages: Manresa, qui si trova la celebre grotta e il fiume Cardoner dove avvenne l’illuminazione del santo. In parte, il cammino si sviluppa sul Monserrat. La tradizione vuole che questa sia la montagna più importante e misteriosa della Catalogna. Per gli amanti della natura e del trekking questo luogo offre la possibilità di fare delle escursioni attraverso sentieri e tornanti in cui godere di viste memorabili sull’intero territorio catalano. Da non perdere una visita al monastero benedettino di Monserrat (una delle 27 tappe del Camino Ignaciano).
Cosa bere: i vitigni tradizionali Picapoll Blanc e Picapoll Negre
I vitigni tradizionali che abbiamo scelto per rappresentare questa regione sono il Picapoll Blanc e il Picapoll Negre (nomi in catalano). Noi abbiamo degustato il vino vegano e biologico Bernat Blanc de Picapolls di Oller del Mas (prezzo medio 13 euro). “Questo vino è particolare ed esclusivo, probabilmente per la percentuale di Picapoll negre vinificato in bianco – dice Marco Cum -. Per la mia esperienza di vini spagnoli è paragonabile a pochi.” Il naso è particolare. Intrigante la nota fragrante di fruit passion, accompagnata da sentori di pesca, pera e litchi. Rinfrescanti le delicate sensazioni erbacee. Davvero accattivante la crema inglese sul finale.
Spunti per gli enoturisti
La cantina Oller del Mas è attrezzatissima per accogliere gli enoturisti: si può scegliere tra degustazioni guidate (15 euro), visite ai vigneti, abbinamenti cibo-vino e pernottamenti nell’hotel immerso nella natura. In programma anche eventi speciali come vendemmia in famiglia e concerti. Inoltre, è stata inserita nella lista delle 17 migliori cantine al mondo dalla rivista statunitense
Departures Magazine.
Cosa mangiare: arros caldos di pesce
In Spagna il riso è molto usato. Basti pensare alla tradizionale paella. In Catalogna è tipico l’arros caldos (riso servito più brodoso). Nell’entroterra si usa solitamente un condimento a base di carne e verdure. Mentre verso la costa si prediligono pesce e crostacei, come gamberi e aragoste. In questo caso si fa un soffritto tipico della cucina catalana, il sofregit, preparato con aglio, cipolla e pomodoro, che viene lasciato cuocere a lungo. “Questo soffritto è considerato una delle 4 salse importanti della cucina catalana insieme ad aioli, picada e romesco – ci spiega Giovanna Peracchia”.
2) Penedès
Cosa vedere e cosa fare: passeggiare in riva al mare, sbalordirsi dei castellers e leccarsi i baffi alle calçotadas
Visitare la Catalogna significa non perdere l’occasione di scoprire il Penedès. È molto vasto e si divide in tre parti: 1) marittimo, 2) medio e 3) superior. Quello marittimo si trova a sud di Barcellona. Include tutta la zona del Garraf. Ci sono tanti paesi interessanti da visitare come Sitges e Vilanova i la Geltrú per una passeggiata rilassante in riva al mare. Poi c’è il Penedès medio nell’entroterra, con le classiche bianche masie catalane e i vigneti a perdita d’occhio. Qui, la cittadina principale è Vilafranca del Penedès che è celebre per i suoi castellers che costruiscono piramidi umane. Questa pratica è talmente emozionante, tradizionale e unica da essere stata dichiarata Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’Unesco. Vale proprio la pena assistere a questo spettacolo simbolo della Catalogna! E poi c’è il Penedès superior. Qui, c’è la “patria” dei calçots: la cittadina di Valls. I calçots sono molto più che cipollotti allungati: sono il cuore di un evento conviviale adorato da tutti i catalani: le calçotadas.
L’evento da non perdere: le calçotadas
Da fine novembre a marzo, familiari e amici si riunisco per mangiare carne alla brace e i calçots con la salsa romesco (fatta con pomodoro al forno, cipolla, mandorle, nocciole, gnora: peperone secco, aglio e olio passati al mortaio). Si mangia rigorosamente con le mani e bisogna indossare la bavaglia, perché la salsa schizza! Un evento al quale i catalani non possono mancare e che ai turisti piace tantissimo, ancora di più se vissuto nelle tradizionali masie catalane. Anche molte cantine organizzano ogni anno l’evento.
Cosa bere: il vitigno autoctono Xarel·lo
Il vino che abbiamo scelto per rappresentare questa regione non è un Cava, ma uno Xarel·lo (si pronuncia Ciaragliò ed è uno dei tre vitigni dominanti del Cava insieme a Parellada e Macabeo). Bere El Fanio di Albet i Noya (prezzo medio 15 euro) è l’occasione per capire davvero questo vitigno perché è vinificato in purezza con lieviti indigeni e viene da una singola vigna antica di 80 anni di età allevata ad alberello sulla Muntanyes d’Ordal (bellissima da visitare l’area protetta naturale). Un vino che respira il paesaggio in cui è immerso che profuma di gariga montana, timo, rosmarino e resina di pino. Le profonde radici lottano con i terreni sassosi che donano la massima espressione di questo terroir. L’eleganza sorprendentemente cremosa si fonde con note di frutta fresca, fiori d’arancio e finocchio. “Bella l’acidità corroborata da una nota vanigliata grazie ad un affinamento in botte gestito veramente bene – sottolinea Marco Cum.”
Spunti per gli enoturisti
La cantina Albet i Noya ha un winebar aperto tutti i giorni. Offre anche tasting guidati, visita ai vigneti con bottiglia di vino e cestino con formaggi e salumi locali, gite in e-bike. I prezzi partono dai 15 euro. In programma anche eventi speciali come vendemmia e calçotadas. Una curiosità: sono stati tra i primi a credere nel biologico ed ora stanno lavorando ad un progetto di incroci naturali tra vitigni resistenti e autoctoni. I primi vini si potranno assaggiare nel 2026.
Cosa mangiare: i formaggi tradizionali dalla Garrotxa al Tupì
La storia dei formaggi catalani è particolare. Infatti, durante l’epoca franchista, si proibirono tutte le piccole produzioni per promuovere l’industrializzazione. Per cui scomparvero. Adesso, tantissimi giovani, ritornando alla terra, stanno recuperando le tradizioni e creando prodotti nuovi e interessanti. C’è tutto un mondo da scoprire! A cominciare dal Garrotxa: un formaggio di capra a latte pastorizzato stagionato da due a tre mesi dal sapore fresco ed erbaceo con note di agrumi piccanti. La sua consistenza è vellutata e il gusto è delicato. Noi abbiamo apprezzato molto quello del caseificio Bauma, che tra l’altro è stato eletto miglior Garrotxa della Catalogna nel 2018. Un altro dei formaggi tra i più tradizionali dalla consistenza compatta è il Serrat (compresso) prodotto con latte crudo di pecora. La lunga stagionatura lo rende molto gustoso e particolare. Vi consigliamo di assaggiare quello della Serra del Tormo, che tra l’altro è tra i vincitori del World Cheese Awards 2016. Poi, ancora, il Màquia: un formaggio “primaverile” dal sapore fresco di latte di capra. Noi abbiamo degustato quello biologico de la Segalla. Infine, il Tupì: un formaggio a doppia fermentazione al liquore. Oggi alimento gourmet un tempo veniva prodotto per non sprecare gli avanzi. Ottimo quello del caseificio Ancosa.
Un viaggio gustativo memorabile
Per godere appieno l’esperienza gustativa, vi consigliamo di spalmare sui formaggi le confetture del Museu de la confitura: un vero viaggio del gusto, sono semplicemente deliziose. Il consiglio è quello di provarle in abbinamento anche ai formaggi e vini italiani. Oppure creare un aperitivo insolito e delizioso in stile catalano, magari aggiungendo la croccantezza della frutta secca. Fantastiche le Nocciole IGP de L’Avellanera e le Noci della Finca La Noguera. Se sei un appassionato puoi approfondire il tema nel nostro articolo dedicato all’Italia Abbinamento formaggi e vino: suggerimenti gourmet da mettere subito in pratica.
3) Terra Alta
Cosa vedere e cosa fare: scoprire i luoghi che ispirarono Picasso, percorrere la strada dell’olio e rivivere la memoria storica
Visitare Terra Alta, all’estremo sud della Catalogna, è
un’occasione unica per gli amanti dell’arte per scoprire i luoghi che ispirarono uno dei più grandi pittori di sempre: Pablo Picasso. “Ho imparato tutto quello che so a Horta de Ebro”, diceva. Ed è qui che si può visitare il Centro Picasso. La Strada dell’Olio, invece, permette di conoscere uno degli ingredienti protagonisti della gastronomia locale: la DO Terra Alta. Il percorso conduce alla scoperta di fattorie, frantoi e oliveti. Per gli amanti della storia, c’è il centro di interpretazione della Battaglia dell’Ebro (1938), così come il Museu de Gandesa. Inoltre, La Ruta de la Pau (strada della pace) è una rete di 74 chilometri di sentieri che portano alle scene più rilevanti della battaglia. Per gli amanti della natura, invece, ci sono: il parco di Els Ports costellato di grotte spettacolari, tantissime reti ciclabili e la Via Verda, che corre lungo vecchi binari del treno. Inoltre, qui si snoda un tratto del Camí de Santiago.
Cosa bere: Garnatxa Blanca simbolo della Terra Alta
La Garnatxa Blanca (nome catalano) è uno dei vitigno simbolo della Terra Alta. Noi abbiamo degustato il monovarietale Ilercavònia di Altavins Viticultors (10,50 euro). Il prezzo è davvero interessante se si pensa che questo vino è pluripremiato. Solo per citare le ultime menzioni è medaglia d’oro Grenaches du monde 2021 e 90 punti James Suckling 2021. Il nome è evocativo: rimanda al popolo degli Ilercavones presenti in Terra Alta tra il VI e il I sec. a.C. “Questo, lasciatemelo dire, è un vino dissetante – afferma Marco Cum -. Questa bella acidità corroborata da una nota sapida, quasi salina, lo rende un vino perfetto per l’aperitivo”. La fine salinità, infatti, è un tratto distintivo di molti degli ottimi vini bianchi della zona. Cremoso, fresco, intenso e succoso, ha sentori che ricordano l’ananas e il mango, e che lasciano spazio a tocchi di finocchio silvestre e menta.
Spunti per gli enoturisti
Anche la cantina Altavins Viticultors accoglie gli enoturisti con proposte che vanno dalla semplice degustazione (14 euro) a pacchetti che includono gite e pranzi tipici. In programma anche eventi speciali come vendemmia e calçotadas.
Cosa mangiare: baccalà con salsa Samfaina
“Il baccalà è uno dei prodotti più mangiati – racconta Giovanna Peracchia -. Tanto è vero che sono in vendita, in tutti i mercati, tantissimi formati diversi. Io non li avevo mai visti così in Italia“. Una delle ricette più tipiche è il bacalla con Samfaina. La Samfaina è un’altra delle salse catalane più conosciute. È fatta con peperone, pomodoro, melanzana e cipolla: tagliati a pezzi e cotti per lungo tempo. Diventa così molto morbida, quasi candita da tanta cottura. Questa dolcezza si abbina benissimo col punto sapido del baccalà.
4) Conca de Barberà
Cosa vedere e cosa fare: visitare le cattedrali del vino e partecipare alla festa di San Jordi
Assolutamente da non perdere una visita alle cattedrali del vino. Una parte importante delle cantine moderniste catalane, infatti, si trova nelle contee di Conca de Barberà, Alt Camp e Terra Alta. Dopo la tragedia della fillossera, che distrusse i vigneti non solo spagnoli ma europei, i contadini catalani si riunirono in cooperative (qui trovi il nostro articolo dedicato al cambiamento epocale causato dalla fillossera). A disegnare le cantine sono stati spesso famosi architetti, come Pere Domenech. Sono talmente belle che vengono chiamate, appunto, cattedrali. Una delle più rappresentative è L’Espluga de Francolí. Inoltre, Conca de Barberà ha una storia memorabile. Ci sono famosi monasteri cirstercensi. Uno dei più celebri è quello di Poblet, che è stato tra i primi a produrre vino (e continua a produrlo). Secondo la tradizione, è qui che San Jordi (il santo catalano per eccellenza) sconfisse il dragone, in particolare a Montblanc. Oggi, la festa di San Jordi è una delle più belle che ci siano in Catalogna. Si festeggia il 23 aprile. È tradizione regalare un libro agli uomini e una rosa alle donne. Ed è strettamente connessa con la festa degli innamorati e la giornata mondiale del libro, suggellata nel 1995 dall’UNESCO che ne dichiarò la ricorrenza proprio in quella data. Ebbene, in questo mix di tradizioni popolari e ricorrenze speciali, tutta la Catalogna si ferma per festeggiare una delle date più importanti del suo ricco calendario festivo.
Cosa bere: Trepat, il vitigno autoctono che si trova solo qui
Zona famosa per i rosé, Conca de Barberà ha la peculiarità di avere un vitigno che cresce solo qui: il Trepat. Noi abbiamo degustato il vino Trepat in purezza della cantina Carles Andreu (prezzo medio 16 euro). “Qualcuno lo accosta al Pinot Nero – dice Marco Cum -. Io dico che ricorda un Nerello Mascalese dell’Etna.” Questo vino colpisce per l’immediatezza, la freschezza e la bevibilità. I profumi sono golosi e intensi: cannella e confettura di frutti rossi. Al palato è morbido, grasso, lungo e persistente, con un sapore di frutta candita, un leggero tocco di liquirizia, un finale elegante e una leggera acidità molto equilibrata con la sua struttura. Fa pensare subito ad un abbinamento con una succosa zuppa di pesce.
Spunti per gli enoturisti
La cantina Carles Andreu organizza un’esperienza completa che comprende visita al vigneto e alla cantina, con degustazione finale.
Cosa mangiare: il suquet de peix con la picada
Anche in Catalogna c’è la tradizione delle zuppe di pesce molto corpose e saporite, che si abbinano perfettamente ai vini rossi. In Italia possiamo fare un parallelo con il caciucco toscano o il brodetto marchigiano. Il tipico guazzetto di pesce in Catalogna è il suquet de peix. “È una zuppa consistente. solitamente era fatta dai pescatori con il pesce di recupero, quello che non veniva venduto. Ad esempio, il pesce di roccia, come lo scorfano. Insomma, pesci dal grande carattere – ci racconta Giovanna Peracchia.” Veniva fatto il classico soffritto, al quale veniva aggiunto il brodo di pesce. Alla fine si aggiungevano patate e un alimento che è tipicissimo della cucina catalana: la picada. Un detto catalano dice una bona picada és el tot d’una cuinada, cioè una buona picada è tutto in cucina. La picada, infatti, viene aggiunta a tantissimi piatti tipici sia di carne che di pesce, di legumi o di verdure. Ha un ruolo fondamentale, quello di addensare una pietanza, di legarla, di darle gusto e profumo. La preparazione prevede l’uso di un frutto secco (come mandorle e nocciole) mescolate con del pane fritto, aglio, prezzemolo e brodo di pesce (o acqua) per diluirla.
5) Montsant
Cosa vedere e cosa fare: scoprire il parco naturale del Montsant, visitare il più antico monastero della Spagna ed entrare in una miniera
Siamo nel sud-est della Catalogna, in un’areale che un tempo era una sottozona della DO Tarragona e che da poco più di 20 anni è una denominazione a sé stante: Montsant appunto. Come si può vedere dalla mappa, circonda ad anello la più famosa area vinicola del Priorat. Assolutamente da non perdere una visita al Parco Naturale del Montsant e della Serra de Llaberia e alla Certosa della Scala Dei. Si tratta del primo monastero certosino della Catalunya e di tutta la penisola iberica.
La strada dell’olio fa tappa anche qui, tra antichi frantoi e distese di uliveti profumati per scoprire la varietà tipica della zona: il Siurana. In passato, l’area è stata anche zona di miniere: puoi scoprirne la storia al Museu de les Mines di Bellmunt del Priorat, con la possibilità di addentrarti nei meandri della Mina Eugènia, una delle più grandi del Paese.
Cosa bere: Garnacha Negra e vitigni internazionali
La filosofia produttiva è la stessa del Priorat. Qui, troviamo vini che uniscono vitigni tradizionali a quelli internazionali. Noi abbiamo degustato il vino biodinamico Furvus della cantina Vinyes Domènech da vitigni 90% Garnatxa e 10% Merlot (prezzo medio 20 euro). “Il naso è meraviglioso. Questo vino ci lascia a bocca aperta – ha sottolineato Marco Cum nella degustazione -. La leggera nota di pepe rosa ricorda un Rossese di Dolceacqua o un Verduno Pelaverga. Al naso sento un profumo di incenso e di rose incredibile, mi fa venire in mente l’acqua di rose che usava mia madre”. Sicuramente è un vino dall‘impatto aromatico immediato che ci catapulta nella macchia mediterranea con un tripudio di more selvatiche, mirtilli maturi e prugne rosse. Molto delicatamente arrivano le note speziate. C’è anche una nota profonda di lavanda, accompagnata dalla vitalità dell’arancia rossa con tocchi di rosmarino e resina. In bocca, colpiscono le note balsamiche e sapide, i tannini eleganti, la cremosità, la vitalità e la bella acidità.
Spunti per gli enoturisti
La cantina Vinyes Domènech ha moltissime proposte per gli enoturisti (a partire da 30 euro): tasting, pic nic in vigna, degustazioni di formaggi tradizionali e vini, cene sotto le stelle.
Cosa mangiare: i salumi tipici come Longaniza, Fuet, Somalla e Secallona
“I salumi sono tradizionali in Catalogna – racconta Giovanna Peracchia -. La matança del porc (uccisione del maiale) era parte della cultura contadina“. La Llonganissa è uno degli insaccati più rappresentativi e pregiati. I tagli di carne utilizzati, infatti, sono la spalla e la coscia mescolati con la carne più grassa della pancia. Si tratta di una IGP che viene prodotta perlopiù a Vic, che è una cittadina non lontana da Barcellona (30 km), nella comarca d’Osona. Questa è la zona di lavorazione di gran parte dei salumi catalani, soprattutto a livello industriale. Altri salumi locali da provare sono il Fuet, la Somalla e la Secallona. La differenza principale è il grado di stagionatura. Noi abbiamo provato gli insaccati prodotti da Salgot.
6) Empordà
Cosa vedere e cosa fare: l’affascinante museo Dalì e la Costa Brava
Si trova a nord-est, subito sotto i Pirenei. Tanto è vero che si parla di Catalogna francese. È terra di enoturismo, ma non solo. La cittadina di Figueres ha dato i natali al più eccentrico e rivoluzionario artista del novecento, Salvador Dalí ed è proprio lì che si può visitare l’omonimo ed eccentrico museo (tanto affascinante e apprezzato dal pubblico da aver raggiunto lo status di secondo museo più visitato della Spagna). Non si può perdere sicuramente una visita a Girona con il suo Barri Vel ricco di colori. E poi c’è la Costa Brava, che conta alcune fra le località di mare più conosciute della Catalogna: Lloret de Mar, Tossa de Mar, Cadaqués e Calella de Palafrugell. Inoltre, l’Empordà è ricco di bellezze naturali come il Parco di Aiguamolls de l’Empordà, che affaccia sul Mediterraneo. Si può scoprire la costa attraverso sentieri, che conducono a favolose insenature e piccoli gioielli come i Jardins de Cap Roig.
Cosa bere: Samsò, il Carignano dell’Empordà
Qui la tradizione del vino è antichissima: da secoli, il vento di tramontana che spazza l’Empordà fa crescere in salute le sue vigne, forgiando il paesaggio e i suoi abitanti. Noi abbiamo degustato il vino biodinamico VD’O 1.15 di Vinyes d’Olivardots da uve Samsò (Carignano) in purezza (prezzo medio 36,50 euro). “È un vino carnoso, ematico, con sentori di cuoio, humus e cacao – dice Marco Cum -. Mi fa venire in mente un Nero d’Avola”. Il profumo è elegante con espressione di frutta nera matura, grafite e note balsamiche, il tutto contornato dalla mineralità del suo terroir di ardesia. Al palato, ha un inizio setoso e avvolgente, i tannini sono rotondi e l’acidità è vivace. Mostra tutta l’eleganza del Carignano con un finale lungo e dolce.
Spunti per gli enoturisti
Anche Vinyes d’Olivardots offre la possibilità di scegliere tra varie esperienze di degustazione e scoperta del territorio a partire da 15 euro. Oltre ad seguire i principi dell’agricoltura biodinamica, producono anche vini in anfora.
Cosa mangiare: fricandò, il piatto tradizionale dell’entroterra
“Questo piatto a base di vitello e funghi è senza dubbio una delle specialità più conosciute della cucina catalana”, racconta Giovanna Peracchia. È un piatto da abbinare a vini rossi importanti e corposi. Per preparare un ottimo fricandó è perfetta la vitella dei Pirenei catalani marchio IGP. Per quanto riguarda i funghi, la Catalogna ne abbonda essendo una regione boscosa. Nell’entroterra si preparano in molte maniere: stufati, alla brace, cucinati con le uova, la botifarra, la cacciagione o, appunto, nel fricandó. Attenzione però: se gran parte di queste ricette è tipica dell’autunno, cioè il momento dell’anno in cui cresce la maggior parte dei funghi, il fricandó è un piatto soprattutto primaverile. Per la sua preparazione, infatti, si usano rigorosamente dei funghi selvatici che nascono in questa stagione, chiamati moixernons.
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